Nel 1770 Antonio Balassini (n. 1712), figlio di Giovan Paolo e successivo capofamiglia, chiese il ricovero di suo fratello Don Carlo all’Ospedale “dei Pazzarelli” di Firenze. Domenico, invece, non lasciò eredi ed i suoi beni confluirono di nuovo nel ramo principale della famiglia. Il nucleo abitativo delle Gualchiere venne descritto con efficacia nell’estimo del 1788, quando risultava composto da “[…] un ceppo di case con tre appartamenti da cielo a terra con più e diverse stanze, con Gualchiera e mulino, capanno, stalle, forno, orto e suoi resedi […]” ed apparteneva ai fratelli Paolo, Raffaele, Zanobio e Natale, figli del defunto Antonio. In quel periodo le Gualchiere non dovevano apparire molto diverse da quelle di oggi, con il piano intermedio che conduce al mulino e ai depositi, percorribile in tutta la sua lunghezza grazie ad uno stretto corridoio sul quale si affacciano stanze a celletta, usate come caciaie, stagionatoi per salumi e ripostigli. Alla casa padronale delle Gualchiere facevano riferimento i coloni ed i dipendenti che lavoravano nelle terre di famiglia. In questo periodo la famiglia proprietaria figurava fra gli animatori del Teatro Ravviati di Bagno, ruolo cui rinunciarono definitivamente in tempi più difficili durante la prima metà dell’Ottocento. Intanto la stirpe dei Balassini si divideva in due rami, originati da Paolo (n. 1753) e Zanobio (n. 1755). Attorno agli anni Trenta dell’Ottocento, gli eredi di Zanobio furono protagonisti d’una imponente serie di vendite che riguardò i poderi delle Rite di Sotto, della Casanuova ed il Mulino di Bagno: segnale d’una situazione economica traballante. Nel 1842 Antonio Balassini (n. 1793), figlio di Zanobio, “abitante alle Gualchiere, a pie’ dell’Alpe di Bagno […] sulla Strada Fiorentina”, dichiarava d’essere stato “vettore di sale, e tabacco, per uso della Canova di Bagno, per il corso di anni nove circa”. Nel 1858 il parroco di Bagno, dopo la morte di Antonio, rilevava impietosamente il cattivo stato della famiglia rubricandola come “poverissima”. Decisamente migliore era lo status dei figli di Paolo: Andrea (n. 1809) era qualificato come “muratore possidente” e “benestante anzichenò”, Francesco (n. 1800) invece era “tintore possidente” e “benestante anzichenò”. Quello stesso anno (1858) alle Gualchiere abitava anche un “pigionale povero”, Francesco Bussi (n. 1829), originario di Valmaggio, primo d’una lunga serie. Nell’ultimo quarto dell’Ottocento erano pigionali o braccianti alle Gualchiere: Angiolo Batani (n. 1844) nel 1881, già colono a Becca; Francesco Rossi (n. 1856) fra 1881 e 1909, proveniente da Racettino; Francesco Fabbri (n. 1821) nel 1886, già alla Casa Bruciata; Paolo Boattini (n. 1840) nel 1887, proveniente da Ridolmo (Pietrapazza); il “nocentino” Torquato Savi (n. 1884) che abitava col bracciante Michele Moretti nel 1904; Tommaso Rossi (n. 1853), già colono a Nasseto, nel 1906. Lo stesso mulino era affidato ad un mugnaio sottoposto: Crescentino Pezzi, originario di Mercatino di Talamello, oggi Novafeltria, documentato nel 1886. Secondo una succinta descrizione del 1902, alle Gualchiere, oltre al mulino, esistevano ben sette abitazioni. Una era la casa padronale del benestante Paolo Balassini (n. 1842), figlio di Andrea, e si componeva di sei stanze; c’era poi la casa degli eredi di Serafino Balassini (n. 1839), figlio di Antonio, che comprendeva quattro ambienti; le altre cinque abitazioni erano tutte piccole case per pigionali, composte di una o due stanze, e tutte proprietà di Paolo Balassini, così come il mulino.